Viaggio all’interno dei “segreti” dell’Archivio storico della Diocesi di Albenga-Imperia

Da chi tenta di ricostruire il proprio albero genealogico a chi deve effettuare delle ricerche storiche o semplicemente vuole scoprire il passato del proprio territorio. Sono tanti i cittadini che fanno riferimento all’Archivio storico della Diocesi di Albenga- Imperia, che custodisce una documentazione davvero preziosa. A raccontarci come è organizzato questo lavoro speciale e quanto può essere utile alla comunità, ci pensa la direttrice: la dottoressa Alma Oleari.

Quali i documenti conservati e a quale periodo storico si riferiscono.

“Entrando nell’Archivio Storico Diocesano troviamo dapprima la sezione parrocchiale. Nel 1984 Mons. Alessandro Piazza (vescovo in Albenga dal 1965 al 1990) ha decretato che fossero ritirati gli archivi parrocchiali della Diocesi fino al 1870, avendo preso atto della crescente difficoltà per la conservazione e custodia di questi libri di battesimo, matrimonio, morte, cresime, cura animarum, confraternite… che sono l’unica memoria “registrata” delle nostre origini. Quindi seduti ad un tavolo dell’archivio, si possono consultare carte preziose, catalogate, disinfettate e salvate dal degrado a cui erano soggette. Vi è poi la sezione Biblioteca Capitolare che raccoglie l’antica raccolta di libri appartenuti al Capitolo della Cattedrale di Albenga dal 1400 al sec. XIX, tra cui le antiche pergamene e la ricca collezione di libri liturgici miniati su pergamena, scritti nel carattere gotico dei secoli XII-XV, alcuni dei quali portano sul frontespizio lo stemma del Vescovo di Albenga (nel periodo 1476-1513) Leonardo Marchese. Accanto a questa sezione si custodiscono i registri dell’amministrazione del Capitolo della cattedrale. Infine troviamo la terza sezione che custodisce 285 filze e 450 faldoni che raccolgono la documentazione dell’Archivio Diocesano del periodo dal XVI al XIX secolo“.

Entriamo nel merito delle ricerche. Cosa chiedono i cittadini? Cosa possono ricostruire con tale documentazione. Scrivono e chiedono notizie anche dall’estero?

“In archivio vengono persone comuni che cercano di ricostruire il proprio albero genealogico per puro interesse familiare o per poter avere la cittadinanza italiana. Si possono infatti trovare tutti gli antenati dal 1500 al 1940 circa, senza distinzione di sesso o di rilevanza sociale, compresi i neonati lasciati alla chiesa perché venissero dati in adozione e i defunti trovati per strada. Si ricordi che solo dal 1867 lo Stato Italiano istituì l’anagrafe comunale. Fanno richiesta di accedere ai documenti anche avvocati e notai per definire le dispute ereditarie; studiosi di storia ed arte locale per scrivere libri o allestire mostre; archeologi per la ricerca di notizie per la formulazione dei Vincoli d’Interesse Culturale degli edifici sacri e civili; studenti universitari per la ricerca di informazioni per la stesura delle loro tesi di laurea; architetti per le relazioni storiche da presentare in Soprintendenza per i restauri architettonici; restauratori per le relazioni storiche da presentare in Soprintendenza per i restauri artistici; classi delle scuole elementari, medie inferiori e superiori per sviluppare nella scuola il gusto della storia e scoprire documenti che raccontano delle loro comunità locali.

Ma non solo. Centinaia di sudamericani, soprattutto argentini, hanno antenati italiani. Nel 1853 l’Argentina divenne una repubblica federale che profuse molto impegno nel progetto di colonizzazione agricola ed attirò gran parte delle popolazioni europee migranti. Tanti liguri, poveri economicamente, andarono in Argentina e negli stati limitrofi a cercare fortuna. Nel 2001 cominciò la fuga dal Sudamerica a causa della gravissima situazione economica e quindi la corsa ai passaporti dei discendenti italiani. A seguito di questi gravi fatti, il Canonico Antonio Bonfante, archivista diocesano di cui ero l’affezionatissima e giovane allieva, iniziò da subito a fare ricerche genealogiche, in quanto arrivavano dall’America del sud molte richieste anagrafiche per la doppia cittadinanza. Da quel momento in poi, per conto della diocesi, svolgo ricerche genealogiche: l’unica condizione è conoscere il comune di nascita dell’antenato. Durante il 2021 ho concluso con successo 246 ricerche anagrafiche. È un grande successo che sottolinea l’importanza culturale e di memoria storica del territorio che riveste l’Archivio Storico Diocesano”.

Il mio lavoro è supportato da una grande e affiatata squadra: sette schedatori ufficiali; volontari anziani; ragazzi che sono stati assegnati dal servizio inserimento lavorativo disabili; molti stagisti universitari; ragazzi dell’alternanza scuola/lavoro.

A testimonianza di quanto sia importante il lavoro di squadra vi racconto un’esperienza privata. A marzo 2020 mi ammalai gravemente e al mio ritorno in archivio (giugno 2020) ero davvero preoccupata per le mie poche forze fisiche, per chi non lo sapesse il lavoro di archivista è anche un lavoro fisicamente importante (bisogna spostare continuamente registri e libri molto pesanti, salendo e scendendo scale a pioli), ma non ebbi nessun problema in quanto tutta la squadra si strinse intorno a me sostituendomi nei lavori più faticosi e così non ebbi mai motivo di sentirmi inadeguata o anche peggio inutile”.

Ci racconta un caso curioso o particolare

“Quando è scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina, ho pensato di iniziare una rubrica settimanale su Facebook intitolata ‘Storie di guerra’ con cui pubblicare immagini e documenti dell’Archivio Storico Diocesano di Albenga-Imperia, nei quali vengono raccontati episodi e modalità con cui i sacerdoti aiutavano il popolo durante le guerre. Evidente è il desiderio di mostrare come sempre la guerra sia un male, ma almeno che diventi occasione per aiutare i più deboli. Ad esempio studiando le antiche carte di Pogli (località del Comune di Ortovero), ho trovato 28 fascicoli che ci raccontano interventi di aiuto durante la Prima Guerra Mondiale: la comunicazione diocesana ai parroci circa la costituzione della ‘Giunta Diocesana di Albenga’ che si occuperà di coordinare gli aiuti per il popolo; la comunicazione dell’Alto Commissariato per i profughi di guerra ai prefetti per coordinare gli aiuti per il popolo; spedizioni di aiuti (pacco misto di cibo e altro); le pene per il reato di diserzione; comunicazioni alle ‘Opere Federate di Propaganda ed Assistenza Nazionale’; l’istituzione delle pensioni di guerra; la fondazione di borse di studio per i figli di ferrovieri morti o mutilati in azioni di guerra; la creazione di colonie marine per i figli dei soldati bisognosi di cura; l’Opera Bonomelli di assistenza agli italiani emigrati in Europa; alcuni testi di propaganda a sostegno della mentalità del popolo italiano; le indicazioni agli agricoltori per incrementare la coltivazione di alimenti, per calmierare i prezzi per legna da ardere e per i pomodori e per ridurre al minimo il consumo di carni; le opere di assistenza a favore dei profughi di guerra; l’istituzione di un laboratorio in Genova per insegnare alle donne dei soldati la confezione o riparazione di scarpe”.

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