Omelie per la s. Messa di fine Anno e per la s. Messa d’inizio Anno

“Figlioli questa è l’ultima ora...”

1. Carissimi amici, questa sera è una serata particolare: è l’ultima dell’anno civile 2016, e stiamo celebrando e partecipando all’ultima Eucaristia di quest’Anno del Signore che ormai volge al termine. Lo facciamo nella cornice solenne e dolcissima della Solennità della Santa Madre di Dio, proprio come domani, sempre nella stessa cornice, muoveremo i primi passi nel nuovo anno che il Signore ci dona. Prendiamo congedo cristianamente da quest’anno che sta per finire; e facciamo una riflessione cristiana su questa ‘ultima ora’; Gesù non ha mai  descritto la fine del mondo, neppure quando nel Vangelo usa immagini apocalittiche; ‘al contrario, Egli vuole sottrarre i suoi discepoli di ogni epoca alla curiosità per le date, le previsioni, e vuole invece dare loro una chiave di lettura profonda, essenziale, e soprattutto indicare la via giusta su cui camminare, oggi e domani, per entrare nella vita eterna’. (Benedetto XVI, Angelus 18/11/2012). Alcune riflessioni consegno alla vostra attenzione alla luce delle parole dell’Evangelo di Luca e del Te Deum che connota questa composta Eucaristia. 2. Custodire e meditare: uno sguardo riflessivo e pensoso sulla vita. ‘Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore’ (Lc 2,19): il Vangelo fa riferimento al Mistero della Divina Natività e coglie l’intimo stupore, l’arcana meraviglia di Maria, la Madre, che custodisce, medita e confronta nel suo cuore tutti i fatti, gli avvenimenti accaduti, visti, vissuti! E lo fa nel silenzio profondo che avvolge il suo cuore immacolato; questo custodire meditativo coglie l’intimo atteggiamento del cuore di Maria, la Vergine del silenzio, la Vergine in ascolto; il suo silenzio è “un silenzio tutto inteso ad ascoltare” (D.Bonhoffer). Questa sera chiediamo al Signore per ciascuno di noi, la capacità di custodire e di meditare, di serbare e confrontare,  gli avvenimenti che hanno punteggiato l’anno che se ne va e quelli che riempiranno l’anno che aspettiamo. Voltando lo sguardo agli avvenimenti dell’anno ci chiediamo: Eterno Padre che cosa hai voluto dirci attraverso quello che è accaduto, attraverso quello che mi è accaduto! Tu non solo parli con parole di vita, ma anche attraverso i fatti, gli eventi; che cosa c’è nel profondo degli umani accadimenti che spesso ci hanno depistato, scoraggiato, a volte quasi rischiato di rubarci la speranza; che messaggio vuoi che cogliamo per ri-orientare i nostri passi sulla ‘via della Pace’? 3. Uno spirito di glorificazione e di lode. ‘I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro’ (Lc 2,20). I testimoni auricolari e i testimoni oculari tornano alle loro occupazioni dopo aver udito e visto l’avvenimento di Betlemme: il segno del bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia, la nella grotta. Insegnaci Signore uno spirito di glorificazione e di lode che nasce dopo l’ascolto e la presa d’atto di quello che hai fatto e fai per noi. Aiutaci a non essere risentiti, scontenti, senza vita ed entusiasmo. Desideriamo congedarci dal 2016 senza rancore, pieni di santa fiducia, desideriamo accogliere il tempo nuovo che ci darai da vivere con cuore gioioso, gioioso di quella gioia che scaturisce dall’aver udito e visto, dall’aver incontrato il Signore del tempo e della storia nel Bambino nato per noi; è bello ricordare quelle parole di Benedetto XVI, tanto amate da Papa Francesco e più volte da lui ripetute, che colgono  il cuore del Vangelo: ‘all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva’ (Deus caritas est, 1). I pastori si sono incontrati con una Persona alla grotta di Betlemme e sono diventati credenti e primi evangelizzatori. Come i pastori torniamo gioiosi dall’anno trascorso e andiamo gioiosi verso quello nuovo, come i pastori glorifichiamo e lodiamo Dio! ‘Solo grazie a quest’incontro ‘ o reincontro- con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità… Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Perché se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri? (Francesco, Evangelii Gaudium 8). 4. Alla fine di questa Eucaristia intoneremo il Te Deum, antico inno del IV secolo dopo Cristo. Il Te Deum fa risuonare con gioia e declama con chiarezza l’esuberanza della fede della Chiesa delle origini: la sua diffusione e la sua popolarità dice quanto il sensus fidei di umili credenti e pastori fosse forte e solidamente ancorato alla Trinità Santissima. Sebbene i cristiani fossero una minoranza dentro e fuori l’impero ‘è oggi la situazione molto diversa?- essi cantavano il Te Deum nella fiduciosa certezza che l’uomo di fede sta con la maggioranza del Creato ‘Tutta la terra di adora’.

 

5. ‘Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno’! Attendiamo un nuovo anno e cantiamo il Te Deum con lo stesso spirito dei nostri padri: con l’intima consapevolezza che Dio fa nuove tutte le cose! Comincia sempre da capo e infonde speranza solida. Abbiamo bisogno di un fondamento stabile per la nostra vita e la nostra speranza, in particolare uomini spaventati dalla violenza, dal terrorismo e dalla corruzione in cui siamo immersi. Volgente la vostra attenzione sull’ invocazione conclusiva dell’Inno: ‘Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno’!  E’ l’apice del Te Deum! Nel mondo pagano gli dei hanno sempre confuso gli uomini: triste era il loro destino e gli accadimenti dell’universo disorientavano e confondevano, umiliavano gli uomini con delusioni, sconfitte, rovine e morte. Dice Benedetto XVI nell’ Enciclica Spe salvi : “I loro dèi si erano rivelati discutibili e dai loro miti contradditori non emanava alcuna speranza. Nonostante gli dèi, essi erano ‘senza Dio’ e conseguentemente si trovavano in un mondo buio, davanti a un futuro oscurò’. Elemento distintivo dei cristiani è il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell’insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. “Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente” ( Spe salvi, 2). Nel mondo pagano il fato ha destinato l’uomo ad una fine tenebrosa e oscura, oggi nel neo-paganesimo imperante abbiamo necessità di riscoprire il fondamento della nostra speranza e del nostro futuro, abbiamo bisogno di rispondere alle eterne domande proprio mentre prendiamo congedo dal 2016: quale senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo dare ai giorni di fatica e di dolore? É la domanda che attraversa la storia, attraversa il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano. Il cristiano ha una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che duemila anni fa è nato a Betlemme in una grotta e che oggi è il Vivente, il Risorto. Nella storia dell’umanità lacerata da tante ingiustizie, cattiverie e violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua Incarnazione e della sua Nascita ci permette di contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. 6. Non c’è più spazio per l’angoscia di fronte al tempo che scorre e non ritorna. Da quando il Salvatore è disceso dal Cielo, l’uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché. L’uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo, nato da una donna la Vergine Maria, per riscattare il tempo dal non senso e dalla negatività, un Dio che ha riscattato l’umanità intera, donandole come nuova prospettiva di vita l’amore 7. Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno’!  La Chiesa vive e professa questa verità e la proclama ancora oggi con rinnovato vigore spirituale. In questa celebrazione abbiamo tante ragioni per lodare Dio, siamo pieni di fiducia perché tanti sono i signa spei, i segni di speranza che fioriscono intorno a noi: nei nostri paesi, nelle nostre associazioni, nelle nostre parrocchie: segni di solidarietà, di accoglienza, di attenzione all’altro, di amore per la Parola del Signore. Maria, Madre di Dio, ci aiuti ad accogliere il suo Figlio, Gesù il Cristo, il Figlio del Dio vivente, il Principe della Pace la Speranza affidabile.  Omelia per il 1 gennaio 2017  

1. Contempliamo oggi, come in un mosaico, diverse tessere del Mistero, ciascuna contenente un evento, un fatto decisivo della storia della nostra salvezza, ma certamente l’attenzione contemplativa carica di stupore si concentra su di Lei Maria, la Vergine Madre di Dio. Otto giorni dopo la nascita di Gesù, ci ricordiamo della Madre, la Theotòkos; la Liturgia ci fa meditare sul Verbo Eterno fatto uomo e ripete con beata insistenza che è nato dalla Vergine. Riflette sulla circoncisione di Gesù, vista come rito di aggregazione alla comunità e contempla Dio che ha dato il suo Figlio Unigenito come capo del “nuovo popolo” per mezzo di Maria, ‘mentre celebriamo in adorazione la nascita del nostro Salvatore, ci troviamo a celebrare il nostro inizio: la nascita di Cristo segna l’inizio del popolo cristiano; il natale del capo è il natale del Corpo’ (San Leone Magno, Discorso 6 per il Natale). Ricorda il nome dato al Messia, e lo ascolta pronunciato con tenera dolcezza da sua Madre: Gesù: ‘Dio è la salvezza‘. Infine invoca per il mondo la pace, la pace di Cristo, e lo fa attraverso Maria, la formidabile collaboratrice della Trinità, nostra avvocata. ‘Il Natale del Signore è il Natale della pace’ (San Leone Magno, c.s.)! 2. Iniziamo un nuovo anno solare, ulteriore periodo di tempo donatoci dalla Provvidenza di Dio nel contesto della salvezza inaugurata da Cristo. Il Verbo Eterno è entrato nel tempo proprio per mezzo di Maria: ‘nato da donna’ (Gal 4,4). Oggi non celebriamo un avvenimento astratto, ma un evento storico: Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo è nato da Maria Vergine, la quale è, nel senso più vero, sua Madre. 3. Come però tralasciare il fatto che oggi oltre la maternità è messa in evidenza anche la verginità di Maria! Queste due prerogative di Maria sono indissociabili, si integrano e si qualificano a vicenda: Maria è Madre, ma Madre Vergine; Maria è Vergine, ma Vergine Madre. Tralasciare uno dei due aspetti non permette di comprendere in pienezza il Mistero di Maria così come i Vangeli lo propongono. 4. Iniziamo questo nuovo anno guardando a Maria, Vergine Madre! Lo riceviamo come un prezioso ‘talento’ da far fruttificare, come un’occasione provvidenziale per aiutare il Signore a realizzare il suo Regno di Giustizia, Amore e Pace. Papa Francesco ribadisce spesso che ‘la vera pace non è una bella facciata dietro cui ci sono contrasti, è un impegno di tutti i giorni. La pace è artigianale, a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia (Francesco, Messaggio Urbi et Orbi per il Natale 2013). Suggestiva l’espressione ‘artigianale‘, la pace è da fare con le proprie mani; è invito persuasivo all’impegno. In occasione dell’odierna Giornata Mondiale della Pace, la cinquantesima da quando la istituì il Beato Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha indirizzato ai Governanti e ai responsabili delle Nazioni, come anche a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, il consueto Messaggio che quest’anno ha per tema ‘La non violenza: lo stile della politica per la pace’. Dal testo del Messaggio emerge la certezza che gli uomini hanno bisogno l’uno dell’altro, il chiudersi nell’isolamento e nell’egoismo rende il mondo meno umano. Nella 50ª edizione, ripercorrendo a ritroso gli insegnamenti dei suoi predecessori e i periodi storico-politici attraversati, il Papa, rivolto a tutti i popoli, non solo ai cattolici, ricorda che “la pace è l’unica e vera linea dell’umano progresso”. In un mondo frantumato, con lo sguardo ad una guerra mondiale a pezzi, ai conflitti dimenticati in tante parti del mondo, dove c’è solo sofferenza, la carità e la nonviolenza devono “guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”. Sugli esempi di Santa Teresa di Calcutta, del Mahatma Gandhi, di Khan Abdul Ghaffar nella liberazione dell’India, di Martin Luther King Jr contro la discriminazione razziale, di Leymah Gbowee per l’esito della seconda guerra civile in Liberia, spicca comunque la figura di Cristo, che “insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano: dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive (Mc 7,21”).  L’invito a praticare la nonviolenza deve partire soprattutto all’interno della famiglia, guardando ciascuno nel proprio cuore per lasciarvi entrare Dio, questa è la radice domestica di una politica nonviolenta. Un “manuale” di questa strategia di costruzione della pace sta nel Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr. Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia. Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità”. Solo nel terreno buono della fraternità mette radici la speranza motore di ogni agire cristiano ed è per questo che invochiamo il dono dello Spirito Santo e l’intercessione della Madre di Dio per iniziare operosi e fiduciosi  il nuovo anno che il Signore oggi ci dona, per diventare autentici artigiani di pace, permeati dallo stile nonviolento delle Beatitudini! Buon Anno a tutti voi nel Nome Santo di Gesù Cristo, Nostra Pace!+ Guglielmo Borghetti, Vescovo  
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