I piedi e l’esilio
1.“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza che dice a Sion: «Regna il tuo Dio»” (Is 52, 7-10). Il capitolo 52 del libro del profeta Isaia fu scritto in un momento in cui appariva ormai vicina la liberazione dall’esilio babilonese, quell’ esilio che era stato vissuto dal popolo di Israele come il crollo di tutte le promesse e le speranze. La gioia adesso è davvero incontenibile: gridano di gioia i messaggeri, gridano di gioia le sentinelle che ricevono l’annuncio, addirittura esultano persino le rovine di Gerusalemme! Il motivo di tanta gioia è il ritorno del Signore insieme alla fine della deportazione. L’esilio sembrava interminabile, la presenza del Signore si era trasformata in apparente assenza. Il Signore ha fatto silenzio, ma ora fa sentire di nuovo la sua voce. Il popolo ha attraversato umiliazioni, ma non è mai stato rifiutato da Dio. Anche nelle situazioni più difficili Israele ha imparato a non mettere mai in dubbio l’amore di Dio. Israele sa con certezza che Dio è in mezzo al suo popolo e adesso questa percezione è esplosiva e produce la gioia, gioia che nasce dalla certezza che Dio è venuto fra noi, è il Dio-con- noi! Ogni volta che l’uomo sperimenta la presenza di Dio fa una esperienza natalizia, Dio nasce nella coscienza, oltre che nella storia, e tutto si rinnova.
2. Quei piedi consumati dalla fatica e dal viaggio, forse doloranti sono lo strumento grazie al quale il messaggero può annunciare la Pace. E Cristo è la nostra Pace! (cfr Ef 2,14). Per questo sono belli e preziosi! Grazie a loro l’attesa di pace e liberazione si compie e suscita la gioia incontenibile, produce un’ esperienza natalizia! Belli i piedi del messaggero di lieti annunci! Sono i piedi “del popolo che camminava nelle tenebre e che vide una grande luce”(Is 9,1). Sono i piedi di Giuseppe e Maria “che salgono alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare”(Lc 2,4-5). Sono i piedi dei pastori “che andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia” (Lc 2, 16) e che poi permettono ai medesimi di allontanarsi “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro” (v.20). Sono i piedi di Giovanni il Battezzatore “mandato da Dio”, “come testimone per rendere testimonianza alla luce” (Gv 1,6-7). Sono i piedi di Gesù: in questo giorno lo contempliamo fragile e incapace di camminare, ma in seguito lo porteranno per le strade della Galilea e della Giudea ad annunciare che il Regno è qui, perché “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Quei piedi che la violenza degli uomini inchioderà sulla croce e dopo poserà con il corpo in un sepolcro che lasceranno per portare il messaggero di Pace: le prime parole del Risorto sono “Pace a voi” (Lc 24,36). Sono quei piedi le cui orme ritroviamo nella Chiesa dell’Ascensione a Gerusalemme presso il Monte degli Ulivi, nel quartiere di At-tur; ad un chilometro dalla Città Vecchia; al centro dell’edicola ottagonale c’è la Pietra dell’Ascensione che secondo la tradizione contiene l’impronta del piede destro di Gesù; si sa che sant’Elena imperatrice, madre di Costantino il Grande, quando si recò in pellegrinaggio in Terra Santa tra il 326 e il 328 ha identificato con precisione due luoghi della cristianità: quello dell’Ascensione di Gesù, e quello dove egli insegnò la preghiera del Padre Nostro. La sezione di roccia nella quale restò impressa l’impronta del piede sinistro durante il Medioevo fu traslata nella moschea al-Aqsa La pietra è motivo di speciale devozione poiché è l’ultimo punto sulla terra nel quale pose piede il Verbo incarnato, prima di ascendere al cielo.
3. Dio non abbandona il suo popolo e non si lascia sconfiggere dal male, perché Egli è fedele, e la sua grazia è più grande del peccato. Questo vuol dire che “Dio regna”. Anche noi siamo in un certo qual modo in un ‘esilio’, viviamo in una terra ‘altra’, dove non ci sono gli abbracci, le strette di mano, la vicinanza, la prossimità; certamente per un bene maggiore, ma intanto…ebbene la tenda che il Verbo ha posto in mezzo a noi ci conferma la sua presenza, non risolve magicamente e miracolosamente la situazione, ma ci assicura la Sua presenza consolante e causa di gioia. Fa fuggire la paura. Dio non abbandona il suo popolo. E la gioia più bella del Natale è questa, il Signore ha avuto misericordia di me, è venuto a salvarmi, a liberarmi dall’impero del nulla, resta con me. Questa è la gioia del Natale! Da qui si acquisisce, direbbe il Santo Padre Francesco, il diritto alla speranza!
4. Quando tutto sembra finito, quando, di fronte a tante realtà negative, la fede si fa faticosa e viene la tentazione di dire che niente più ha senso, ecco invece la bella notizia portata da quei piedi veloci: Dio ha “snudato il suo santo braccio” e viene a porre fine ai nostri ‘esilii’, a portare libertà e consolazione. Il male non trionferà per sempre, c’è un termine al dolore. La disperazione è vinta perché Dio è tra noi.
5. Guardando il piccolo Bambino di Betlemme, ogni uomo dal cuore semplice saprà che la promessa si è compiuta. In un bimbo appena nato, bisognoso di tutto, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, è racchiusa tutta la potenza del Dio che salva. “Il Natale è un giorno per aprire il cuore: bisogna aprire il cuore a tanta piccolezza, che è lì in quel Bambino” (Francesco). Dio che viene ad abitare in mezzo a noi, abbandona la sua grandezza per essere il Dio-con-noi: è così che fugge la paura e fiorisce la speranza! Buon Natale a tutti!