Omelia del Vescovo per la Santa Messa del giorno di Pasqua di Risurrezione 2024 – Cattedrale San Michele – Albenga

Andare in Galilea

Cari fratelli e sorelle!

  1. Questo è il giorno che ha fatto il Signore! Rallegriamoci ed esultiamo! Ci lasciamo guidare dal vangelo di Marco per riflettere un poco sull’evento che oggi nella gioia festeggiamo. All’alba, di buon mattino, il giorno dopo il sabato, vengono tre donne al sepolcro e per strada si domandano chi avrebbe rotolato via la grande pietra messa a copertura della tomba e giungono al sepolcro per ungere l’Unto di Dio; arrivano e vedono che la grande pietra è stata rimossa, entrano e non vedono il cadavere di Gesù, bensì un giovane seduto a destra che indossa una veste bianca: si spaventano al punto che il giovane le rassicura dicendo loro di non temere e porge loro il messaggio: Colui che cercate, Gesù Nazareno, è risuscitato, non è qui; andate e dite ai suoi discepoli e a Pietro che vi precede in Galilea. Nella tomba non trovano un morto, ma un uomo giovane vivo, vestito di bianco – simbolo della gloria di Dio – rivestito di quella bellezza che sarà restituita agli uomini nell’ultimo giorno.
  2. Vi propongo alcune. Le donne generose e solerti si muovono ancora nel buio, i loro cuori e i loro volti non sono stati ancora rischiarati e allietati dalla luce pasquale e vogliono imbalsamare Gesù! Al di là dell’azione in sé stessa, che significa per noi oggi voler compiere questo gesto. Gesù non si lascia imbalsamare! A ben guardare è un tentativo che si è ripetuto nella storia di questi più di duemila anni e si ripete anche ai giorni nostri! Volentieri si parla di Gesù come di un esempio compiuto di altissima moralità (Kant, Hegel), come  una delle “personalità decisive” della storia dell’umanità insieme a Socrate, Buddha, Confucio, uno straordinario pensatore che ha offerto al mondo una dottrina mirabile ed un sublime senso di Dio (K. Jaspers); Gesù Cristo rivoluzionario e socialista (C. Prampolini), Gesù Cristo pauperista che esalta la bontà del cuore e la sua compassione per i poveri e gli sventurati (L. Boff)…e potremmo continuare. Certo c’ è anche un modo di tentare di imbalsamare Gesù meno ‘intellettuale’, più quotidiano: relegare Gesù nella pratica religiosa, seppur dandogli il primo posto; il grande Kierkegaard riteneva che un cristianesimo senza Vangelo, senza Cristo fosse solo un simulacro, inventato dai cristiani per non dover conformare la loro vita alla Parola di Cristo, era convinto che un cristianesimo della ‘domenica’, superficiale e leggero non fosse conforme al significato originario del cristianesimo. Un Gesù Cristo imbalsamato – simulacro- non disturba nessuno; di lui rimangono i bei ricordi dei suoi detti e dei suoi fatti; un piccolo eroe mite e buono che ci incanta con la sua vita conclusasi con una morte  non proporzionata al bene che ha fatto, una morte da Messia sconfitto. Un Gesù imbalsamato non pro-voca più; non interpella; il suo esempio può forse essere ricordato, e qualche volta imitato, ma è l’esempio di una persona morta. Oggi è il giorno giusto per chiederci: quanto sentiamo Vivente quel Gesù che non è nel sepolcro: “non è qui”! Se Gesù è vivo mi interpella, invita alla conversione della mia vita, mi sollecita ad optare per la pace e non per la violenza, ad optare per il dono di me stesso e non per una forma di vita narcisistica ed egocentrata, ad una vita secondo lo stile delle Beatitudini; Gesù il Risorto, il Vivente  mi spinge all’impegno per il bene comune, per la soppressione delle disuguaglianze, delle ingiustizie e delle sopraffazioni.  Se oggi spesso noi cattolici ci lamentiamo di vivere in un tempo di crisi del cristianesimo, in un tempo dove forte è il ‘segno delle Chiese vuote, non sarà che forse – eccetto i testimoni eccellenti, i santi- il cristianesimo è in crisi perché non lo abbiamo mai vissuto radicalmente? Non sarà che siamo riusciti ad imbalsamare Gesù, ad accontentarci di un cristianesimo di appartenenza, di convenzione, un cristianesimo che potrebbe tranquillamente essere dichiarato patrimonio materiale ed immateriale dell’UNESCO? Non sarà che se il mondo non è più cristiano forse è perché non lo è mai stato. Sono consapevole che è una tesi provocatoria, ma riflettiamoci in questo giorno santo.  Splendido l’avvenire di un cristianesimo di esperienza, di convinzione profonda e appassionata, esperienza dell’incontro con il Risorto, esperienza della vita nuova; via il lievito vecchio, avanti il nuovo che è oro purissimo. La Pasqua di Risurrezione ci sveglia, quel giovane vestito di bianco lo ripete: non è qui, non è qui!
  3. E quel giovane ci invia, come le donne al mattino del primo giorno dopo il sabato, ad andare dai discepoli di appartenenza – si anche gli apostoli erano stati tali prima di ricevere lo Spirito Santo! – e a dire loro di andare in Galilea, là lo vedranno, là lo vedremo, Lui ci precede! Che cosa significa ritornare in Galilea: significa proprio ritornare all’inizio del Vangelo e alla genesi della nostra esperienza di Lui. È necessario riandare là dove è partita la nostra decisione fiduciosa di seguire Gesù. È necessario ripartire da capo. Dobbiamo riascoltare le parole di Gesù, rivedere i suoi gesti, rimetterci alla sua sequela a partire dalla Pasqua. La Galilea oltre ad essere il luogo originario dell’esperienza di Gesù con i suoi discepoli, con la gente, è stato anche il luogo in cui Gesù si è scontrato e in cui ha sperimentato il rifiuto degli Scribi e dei Farisei. In Galilea convivono molte diversità: gente che crede e gente che si oppone, gente a favore e gente contro o anche gente indifferente. La Galilea che portiamo dentro di noi è il luogo di questi contrasti: bene e male, desideri e limiti, fede e dubbio, amore e odio, luce e tenebre. Proprio in questo miscuglio d’opposti potremo vedere il Risorto e rinnovare la nostra sequela, deciderci nuovamente per Lui!
  4. Il cuore della nostra fede è tutto contenuto nelle parole del giovane vestito d’una veste bianca: “Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso; è risorto, non è qui” (Mc.16,6) Questo è il grido pasquale che dal sepolcro risuona per il mondo intero, il grido di vittoria sulla morte. Noi non seguiamo un sogno, un’illusione, o ancora peggio, un morto imbalsamato, noi seguiamo una persona viva! Gesù è il Vivente! E ci precede in Galilea dove siamo invitati ad andare per ritrovarlo Vivo e per riprendere il nostro cammino con Lui e da Lui imparare a vivere e a morire come Lui, per partecipare per sempre alla sua vita. Santa Pasqua di Risurrezione a tutti voi!

+ Guglielmo Borghetti,
vescovo di Albenga – Imperia

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