Omelia del Vescovo nella Santa Messa Crismale – Cattedrale di S. Michele – Albenga 1° aprile 2021

Crismale 2021

O Redemptor sume carmen

1. Sit hæc dies festa. – Sia questo per noi un giorno di festa! Cari amici sacerdoti e diaconi, cari rappresentanti del laicato e delle religiose, siamo qui nella nostra Cattedrale di San Michele Arcangelo per celebrare la Messa Crismale; anche se abbiamo limitato il numero dei partecipanti, questa Eucaristia sprigiona sempre e comunque ogni anno un fascino particolare, sempre ci riempie di dolce stupore e santa consolazione: nell’aria c’è profumo di olio e di balsamo, c’è profumo di primavera, c’è profumo della fraternità sacramentale tra noi presbiteri, c’è profumo della Pasqua di Risurrezione imminente. In questa liturgia eucaristica c’è l’epifania della Chiesa: tutte le sue componenti riunite attorno al Vescovo principio di unità nella Chiesa particolare che non raduna il popolo attorno alla propria persona o alle proprie idee, ma intorno a Cristo presente nella sua Parola e nel sacramento del suo Corpo e Sangue (cfr LG 20). In questa Messa si consacra il santo Crisma per l’unzione battesimale, la cresima e l’ordine sacro e si benedicono gli oli per l’unzione dei catecumeni e degli infermi. In questa Messa noi sacerdoti rinnoviamo le promesse pronunciate il giorno dell’ordinazione e la Chiesa tutta è invitata a riscoprire nella letizia la sua vocazione sacerdotale.

2. Come uno scrigno che contiene preziosi gioielli, così la Messa Crismale contiene una gemma preziosa che rifulge per bellezza: è l’inno che accompagna la processione d’offerta degli oli che, insieme al pane e al vino vengono presentati al Vescovo perché siano benedetti e consacrati. Ad esclusione del Gloria questo è il solo inno previsto da un libro liturgico perché sia cantato durante la Messa. L’inno è O Redemptor sume carmen, una sintesi teologica ammirevole della celebrazione della Santa Messa Crismale. Su questo Inno vorrei soffermarmi un poco quest’anno con voi per trarne qualche scheggia di luce per illuminare e infondere più abbondante letizia alla nostra vita di unti del Signore.

3. L’inno è attribuito dalla tradizione a San Venanzio Fortunato, poeta e vescovo di Poitiers (ca 530-ca 607 VI sec). L’inno è rivolto a Cristo e non a Dio Padre. “L’ulivo, reso fecondo dal sole luminoso, ha prodotto questo olio che ora viene consacrato”. È l’albero d’ulivo presente a più riprese nella storia della salvezza nei racconti del Nuovo come dell’Antico Testamento (Rm 11, 17.24; Ps 52, 10; Zc 4,12). La folla (turba) degli uomini si presenta inclinata (prona), adorante davanti al Signore, consapevole che porta a Lui una parte di ciò che essa stessa ha ricevuto dal Signore stesso per offrigliela e riceverne dei nuovi benefici. La seconda strofa indugia sull’aspetto del crisma come rimedio contro gli assalti del demonio:simbolo vigoroso di vita contro gli assalti del demonio”. Questo tema lo riascolteremo nella preghiera di benedizione dell’olio dei catecumeni. La battaglia alla quale l’inno fa riferimento è quella che oggi come sempre i cristiani devono condurre contro i demoni, contro i ‘divisori’ coloro che vogliono strapparci da Colui al quale abbiamo la fortuna di appartenere, la battaglia della fedeltà al Cristo, lottando con vigore vitale contro tutte le forze dell’egoismo, della violenza e dell’ingiustizia, contro tutte le tentazioni/seduzioni del ‘piccolo ateo’ che si rannicchia in noi,  di quel mix di indifferenza ed incredulità che possiamo chiamare ‘apateismo’– da apatia e ateismo- (G. Ravasi) che è fuori nell’aria e spesso dentro di noi; per questo combattimento c’è bisogno della forza del Signore, attinta alla vita sacramentale e  ad una preghiera assidua al contatto della Parola di Dio. Questo è oggi il senso del duello tra la luce e le tenebre di cui la fedeltà cristiana è la posta in gioco. In questa strofa il crisma é chiamato segno vivo (signum vivum): si attribuisce al crisma la stessa espressione che si ritrova altrove per parlare del pane eucaristico (cfr Sequenza Lauda Sion composta da S. Tommaso d’Aquino). Questo uso dell’aggettivo “vivo” evoca ed esprime bene il senso della trasformazione operata dalla consacrazione dell’olio e della sua natura differente rispetto agli altri oli benedetti. Il crisma, essendo l’olio del Battesimo, partecipa effettivamente nell’azione sacramentale al processo di rigenerazione alla nuova vita del neofita – neòphytus, nuovo nato-, e questo medesimo olio, al momento della Confermazione, opera per grazia il pieno inserimento nella missione della Chiesa, e nel rito di Ordinazione sacerdotale l’unzione crismale delle mani da parte del vescovo esprime un aspetto fondamentale della vita ministeriale: la santificazione del popolo di Dio e l’offerta del sacrificio; attraverso l’unzione “viene significata la particolare partecipazione dei presbiteri al sacerdozio di Cristo” (Premesse al rito, n. 125). La stessa formula che accompagna il gesto lo afferma: “Il Signore Gesù Cristo, che il Padre ha consacrato in Spirito e potenza, ti custodisca per la santificazione del popolo e l’offerta del sacrificio” (Rito di ordinazione, n. 148).

4. Nella terza e quarta strofa c’è il riferimento esplicito al peccato con il dolore che provoca nell’uomo e si prega che l’unzione rinnovi tutta l’umanità – sexus omnis, maschi e femmine – restituendole lo splendore originario: il Battesimo cancellerà tutti i peccati – aufugantur crimina – e l’unzione sulla fronte farà scendere i doni dello Spirito Santo – uncta fronte sacrosancta influunt charismata-. La quinta strofa evoca il Figlio nella sua incarnazione ed il Padre nella sua azione generativa corde natus ex parentis; lo Spirito è colto nella sua azione ‘fecondante’ l’utero/ventre di Maria Vergine, la piena di grazia; bella la inclusione con l’inizio arbor feta alma luce, l’ulivo è stato reso fecondo dal sole luminoso e ha prodotto l’olio, il ventre di Maria è stato reso fecondo dal sole dello Spirito Santo e produce/concepisce il Bambino. Strappa dalla morte e rivesti di luce anche noi che riceviamo il crisma –præsta lucem, claude mortem chrismatis- consortibusL’espressione chrismatis consortibus e, alla fine dell’inno, il termine sacrata collegati al giorno presente (haec dies) danno realmente l’idea d’una unzione totale, quasi cosmica, che attraversa il tempo (riferimento dell’inizio della prima strofa, espressione Salvatori saeculi nella prima, e riferimento a questo giorno proiettato verso l’eternità dell’ultima strofa) e gli esseri viventi (vegetali, alberi, animali, tutti gli uomini mortali). Oggi è per noi giorno di festa –haec dies festa –giorno santo e glorioso duri per sempre e non conosca tramonto- nec senescat tempore-.

5. Quest’inno si presenta come un vero capolavoro letterario e teologico ed è una vera sciabolata di luce per tutti noi ‘corpo crismato’! Le parole dell’inno possano oggi essere una preghiera viva sulle labbra di tutti noi credenti che, riconoscendo la nostra condizione creaturale portiamo a Dio ciò che abbiamo ricevuto da Lui e riconosciamo il Cristo come Unico Salvatore ed i Sacramenti come strumenti della salvezza, baci di luce trasformante sulla nostra inferma umanità. Provati da questi tempi difficili possa la nostra preghiera purificare il nostro cuore da opacità e doppiezze, da sterili ripicche e stolte posizioni, dilati gli spazi della carità e renda profumata e luminosa la nostra testimonianza di Cristo Gesù!

O Padre, che hai consacrato il tuo unico Figlio con l’unzione dello Spirito Santo e lo hai costituito Messia e Signore, concedi a noi, partecipi della sua consacrazione, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza.

Maria Madre della Chiesa e Madre dei sacerdoti ci accompagni con la sua preghiera!

+ Guglielmo Borghetti
Vescovo

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