Don Giacomo Negro a 50 anni dalla morte.

La comunità parrocchiale di Ranzo-Bacelega, insieme alla comunità di Borghetto d’Arroscia, ricorda in modo particolare il 2 febbraio, il 50° della nascita al cielo del canonico Giacomo Negro. Il 1° febbraio alle ore 18.00 nella chiesa di Nostra Signora Assunta, a Bacelega, verrà celebrata la Messa dal parroco don Marek Michalski, e domenica 7 febbraio, alle ore 11.15 a Cornari, da Mons. Giorgio Brancaleoni.

Il canonico Giacomo Negro nacque a Nirasca, comune Pieve di Teco, il 27 febbraio 1882, ultimo di tre fratelli, e morì nella parrocchia di san Marco evangelista, in Borghetto d’Arroscia, il 2 febbraio 1971, a causa di una grave bronchite. È sepolto nel cimitero di Borghetto d’Arroscia, da lui scelto come sua ultima dimora, come riporta l’atto di morte scritto da monsignor Enrico Casa, parroco a Borghetto.

Don Giacomo fu ordinato sacerdote da monsignor Filippo Allegro, vescovo di Albenga, il 31 marzo 1906, e tagliò il traguardo dei 65 anni di ordinazione sacerdotale.

Nella sua vita sacerdotale celebrò 24.486 Messe. Era molto devoto alla Madonna e il giorno della sua dipartita era la festa della Purificazione di Maria Santissima, comunemente detta Candelora. Aveva prestato servizio religioso nelle comunità di Tovo S. Giacomo, a Chioraira di Ormea, Vecersio, Pietrabruna, e in fine a Bacelega di Ranzo, dal 1924, succedendo don Giovanni Magaglio, di Moano che era morto il 11.12.1923, fino al 1950, quando si è ritirato a Borghetto d’Arroscia.

Secondo le testimonianze dei fedeli, era uomo umile, di origini contadine e studi essenziali, ma questo non gli impedì di raggiungere una discreta cultura filosofica, teologica e letteraria.

Conosceva bene il francese e lo spagnolo, ma nessuno si accorse mai della sua sapienza, perché era solito ripetere a tutti: “io non sono nulla, non sono capace a nulla”.

Era uomo obbediente, innanzitutto al suo vescovo, e non esprimeva parole di critica o di mormorazione. Nulla teneva per sé, la sua carità non consisteva soltanto nel fare del bene materiale ai poveri, ma nel sapere abilmente capire i difetti del prossimo, mettendone in risalto solo le virtù. Tante volte, secondo molte testimonianze, dava ai poveri anche “ultimo uovo”, rimanendo senza mangiare.

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