I Vescovi italiani hanno deciso di ripristinare, a partire da Domenica 14 febbraio 2021 (VI del Tempo Ordinario), un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica.
È noto come il tempo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha imposto alcune limitazioni alla prassi celebrativa al fine di assumere le misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus Sars-Cov-2. La stretta di mano o l’abbraccio, indicati come modo ordinario per lo scambio della pace (Precisazioni CEI, 9), sono stati sospesi per evitare il contatto diretto tra le persone. Vi è però il rischio che il necessario distanziamento fisico alimenti o induca un atteggiamento individualistico, anche nel contesto della celebrazione eucaristica. È apparso quindi importante non continuare a trascurare il rito della pace, con il quale «i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento» (OGMR, 82).
Sull’importanza del rito della pace ha scritto Benedetto XVI al n. 49 dell’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis. Dal punto di vista rituale l’Ordinamento Generale del Messale Romano (82) non stabilisce un gesto proprio per esprimere lo scambio della pace, lasciando tale facoltà alle Conferenze Episcopali, secondo l’indole e le usanze dei popoli. Lo scambio della pace non coincide, quindi, con lo stringersi la mano o con l’abbraccio. È pertanto possibile pensare a qualche altro gesto da poter utilizzare, soprattutto in questo tempo, che sia rispettoso delle esigenze sanitarie e capace di esprimere una relazione diretta con gli altri.
Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio col toccarsi con i gomiti, in questo tempo – hanno affermato i Vescovi – può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo. L’impossibilità del contatto fisico domanda più tatto nei rapporti. La pandemia, costringendoci a mascherare la bocca e il naso, lascia agli occhi tutta l’eloquenza della prossimità come dono e come impegno. Il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha detto: «le mascherine, i contatti ridotti possono essere letti simbolicamente, come un invito a riscoprire la forza dello sguardo». All’invito del diacono (o in sua assenza di chi presiede la celebrazione): «scambiatevi il dono della pace», volgere i propri occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino, può esprimere in modo assai eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità.
Come è stato affermato dai Vescovi, là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere “contatto visivo” con il proprio vicino, augurando: «la pace sia con te», può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale «con il quale la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana» (OGMR 82).