Nel dipinto di Caravaggio “Cena in Emmaus” il Cristo ha qualcosa di enigmatico. Qui è cristallizzato l’attimo dell’epifania e quello immediatamente seguente. Cristo si rivela nello spezzare il pane, che segna qui il culmine del riconoscimento dell’identità di Gesù. Eppure, egli è acutamente “mascherato”: senza stigmate né barba, giovane apollineo alla maniera dei dipinti delle catacombe o dei mosaici paleocristiani, non assume l’usuale iconografia cristologica. Lascia straniati persino noi spettatori che pur conosciamo la storia. Cristo nascosto ai discepoli, Cristo nascosto nelle specie eucaristiche: un susseguirsi di immagini che nascondono più che rivelare. La fatica del vedere è l’assoluta protagonista. In questo Caravaggio è maestro indiscusso. La fatica del vedere come la fatica del credere si risolvono solo all’ irrompere imprevedibile della Grazia. Il posto vuoto in primo piano e la grande dimensione (l’opera misura 141×196 cm, ndr) alludono forse ad una possibile inquadratura che includa l’osservatore.