L’11 maggio 2013, dieci anni fa, a Roma è stato beatificato Mons. Luigi Novarese. Questo potrebbe non toccarci minimamente! Un beato di cui non sappiamo nulla! Ce ne sono tanti!
Invece ha toccato la nostra Diocesi e l’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. Infatti, Luigi Novarese entra in Ospedale Elioterapico. Si può dire che l’intervento di Dio, per intercessione di Don Bosco e di Maria Ausiliatrice, ha toccato la nostra Diocesi, anche se il Beato è poco conosciuto. Ma Dio ha visitato la nostra terra, e qui, a Pietra Ligure, ha visitato quel ragazzo di sedici anni vissuti in gran parte nella sofferenza e nel dolore.
Luigi Novarese nasce a Casale Monferrato il 29 luglio 1914.
Scrive il Beato: “A nove anni è colpito da una coxite tubercolare alla gamba destra. Siccome parecchi dottori mi davano ancora pochi mesi di vita, dietro consiglio del medico, il 3 aprile 1930 andai all’Ospedale Elioterapico di Pietra Ligure. In quell’ora di tanto sconforto scrissi al Rettore Maggiore dei Salesiani, raccomandandomi alle sue preghiere e a quelle dei giovani dell’Oratorio. Da quel momento posi tutta la fiducia in Don Bosco, trascurai persino le prescrizioni mediche, per cui fui più volte rimproverato; ormai avevo scelto per mio medico Don Bosco e le sue cure furono veramente efficaci, perché a poco a poco gli ascessi si chiusero, costatai sensibile progressivo miglioramento, tanto che il 16 maggio del 1931 uscii dall’Ospedale completamente guarito. Ora cammino e passeggio lungamente senza dolore alcuno e ho potuto riprendere gli studi e frequentare il seminario”.
Viene ordinato sacerdote il 17 dicembre 1938, consegue poi la licenza in Teologia, la laurea in Diritto canonico e il diploma di avvocato rotale, sempre portandosi dietro, come indelebile ricordo dei terribili anni della malattia, una gamba più corta dell’altra di 15cm, per cui deve far uso di una scarpa ortopedica. Questa sua disabilità non impedisce a mons. Montini di chiamarlo a lavorare nella Segreteria di Stato, con lo specifico incarico di evadere la corrispondenza che arriva al Papa per i soldati al fronte.
Don Luigi scopre così un’altra forma di sofferenza, quella provocata dalla guerra e dalla mancanza di cibo, e per far arrivare gli aiuti pontifici non ha davvero che l’imbarazzo della scelta. Pio XII manda mons. Novarese in quel tempo difficile, di guerra, di privazioni a portare aiuto materiale e conforto. Non dimentica però i malati, e con stile innovativo rispetto al suo tempo, lotta contro l’emarginazione dei disabili.
Dialoga, senza complessi, con la medicina dimostrando l’efficacia terapeutica della motivazione spirituale nella cura del malato. Quella che ora si chiama “la cura integrale della persona ammalata”, il team terapeutico di medici, infermieri, oss, fisioterapisti, psicologi e sacerdoti, mons. Novarese l’aveva capito negli anni cinquanta.
Nel 1943 dà vita alla “Lega Sacerdotale Mariana”; quattro anni dopo, crea i “Volontari della Sofferenza”; nel 1950 nascono i Silenziosi Operai della Croce: una unità carismatica di sacerdoti e consacrate, uomini e donne, di vita comunitaria o in famiglia, sani e ammalati, cui seguono, nel 1952, i Fratelli e le Sorelle degli Ammalati. Le sue fondazioni sono avanguardia sui tempi della Chiesa. È “avanti” con i tempi, e “tradizionale” nella spiritualità che egli propone: i Silenziosi Operai della Croce, mediante la pratica dei consigli evangelici, attuano le richieste di preghiera e penitenza presentate dalla Vergine Santa a Lourdes e a Fatima, nella “totale dedizione al piano redentivo della Croce. Fa propria la spiritualità di San Luigi Grignon de Monfort, il suo stile e la consacrazione alla Madonna.
Fonda case di cura, centri di assistenza, corsi professionali per disabili e infermi, insegnando loro a pensare e vivere in modo nuovo la malattia. Fa maturare una nuova comprensione spirituale e pastorale del malato, che non vuole solo oggetto di carità, ma soggetto di azione nell’opera di evangelizzazione e i suoi “esercizi spirituali dei malati” diventano una grande novità nella Chiesa, secondo lo stile di S. Ignazio.
La grande intuizione di Mons. Novarese è “Il malato per l’ammalato”, cioè soggetti attivi nell’apostolato. Gli ammalati, quindi, protagonisti di un apostolato di tipo nuovo: l’ammalato da semplice oggetto di carità, diventa soggetto, il soggetto dell’azione. Se il corpo soffre o è inerte, lo spirito è pur sempre attivo.
Nel 1970 mons. Novarese ha incominciato a lavorare nella pastorale sanitaria della CEI. È stato il primo “Direttore” di quello che sarebbe diventato oggi l’Ufficio della pastorale della salute della CEI, le cui iniziative si riversano nelle diocesi italiane.
Muore il 20 luglio 1984 e la Chiesa, proclamerà beato Mons. Luigi Novarese l’11 maggio 2013.